martedì 3 marzo 2009

Canto del viandante visionario

"Ti prego, passeggiamo un poco"

L'aria è pungente
nel soleggiato giorno.
Febbraio è morto da poco
e Marzo, diletto figlio, ne raccoglie
le fredde spoglie.

Camminiamo dunque.

"Ti prego, dammi la mano per un attimo solo,
devo stringerla mentre
provo a dirti chi sono."

Sorrido e mentre dico queste parole,
per me audaci,
distolgo lo sguardo da te.

Toc, toc.
Rumore sordo.
I tacchi delle tue scarpe
rincorrono freneticamente il mio passo
veloce.

Parlo e, ancora,
parlo.

Ti affido frasi d'esiliato,
verbi apolidi.

Le parole che ora pronuncio
sono canti di gitano,
che, pur sempre, sente vivo,
il desiderio di fermarsi in un luogo,
foss' anche
il cielo sotto cui cammina,
o l'arida terra che i suoi piedi calpestano.

"Affido a te la matassa dei miei giorni."

Giro il mio volto per incontrare il tuo viso.

E' silenzio.

Tu,
non sei.

Le voci,
non sono.

Mano che non ho stretto.

Mi guardo intorno.
Cielo cupo
squarciato dalle ultime fiamme del giorno.
Orizzonte impassibile
in cui cerco il conforto
di antichi aneliti di infinito.

Cammino solo.

E con i piedi, nuovamente,
immagino di percorrere la linea lontana,
come un bambino che gioca all'equilibrista,
in bilico ,
tra un infinito e un altro.