giovedì 29 novembre 2007

A small band of little unsung basketball heroes

"Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori,
Le cortesie, l'audaci imprese io canto".
Questo l'incipit dell' Orlando Furioso, capolavoro senza tempo di Ariosto.
Io invece canto a una banda di

"piccoli cavalieri impavidi"

ovvero i "miei" bimbi del minibasket.

Ho la grande gioia di allenare questa squadra da due anni (questo per l'appunto è il secondo anno). Ringrazio mio padre che mi ha "passato la palla", dopo che lui ha allenato molti di questi bimbi prima di me (quando avevano la tenera età di cinque, sei anni): l'abilità di mio padre come allenatore è straordinaria ed è per me ancor più straordinario essere alla "sua scuola" (oltre che raccogliere, immeritatamente, i frutti del suo lavoro - Papà lavora ora con altre squadre sempre all'interno della nostra società, la "storica" Malatesta Basket Rimini).

Ma perchè dunque "canto" a questi mini-player?

Martedì abbiamo avuto la prima partita di campionato.
E fin qui tutto nella normalità.
Ma l'impresa consiste nel fatto che i dieci convocati erano tutti, ad eccezione di uno nato nel 1996, classe 1997, laddove i nostri avversari erano tutti nati nel 1996 (tra le altre cose erano in dodici, cioè avevano due cambi in più, ovvero più energie a loro disposizione).
La partita è stata stupenda: un combattimento punto a punto con sorpassi ripetuti; grande agonismo in campo e soprattutto, per l'età dei giocatori, una bella pallacanestro. Io e mio padre in panchina abbiamo giocato una partita in contemporanea: grida, richiami, movimenti da una parte all'altra della panchina, direzione delle "mosse", mostrare i movimenti, esultare ai canestri, arrabbiarsi alle palle perse e alle fischiate dell'arbitro (che per altro è stato bravo), piegare le gambe cercando di difendere dalla panchina come se le movenze fatte a bordo campo cambiassero le cose in campo (questo è un vezzo di molti allenatori; io personalmente non capisco quelli che mantengono la freddezza; il bello dell'allenatore è proprio quello di "vivere" le partite), ecc..

I veri protagonisti però sono loro, i magnifici dieci della serata (Pitagora, che amava il numero dieci, la tetraktis, sottoscriverebbe con entusiasmo questa dizione):

bravo Riki;
bravo Ruben;
bravo Fede;
bravo Giachi;
bravo Giò;
bravo Phil;
bravo Pietro;
bravo Dave;
bravo Tommy;
bravo Marius.

Ottimo lavoro!

Sono onorato di allenarvi (e questo vale per tutti i componenti del team, sia quelli che erano presenti, sia quelli che non c'erano per motivi di salute o per motivi di regolamento federale - purtroppo non posso portare 17 giocatori in panchina); siete un gruppo straordinario: prima di tutto di bambini educati, simpatici, attivi, pieni di energie e di voglia di sorridere alla vita; siete anche una squadra eccezionale che pian piano sta crescendo e si sta "cementando"( ho visto un gioco di squadra meraviglioso martedì sera), nonostante siate ancora piccoli.

Se il buon giorno si vede dal mattino.. allora sarà una bellissima stagione anche quest'anno, a prescindere dalla vittorie o dalle sconfitte: l'impegno e il cuore che mettete in campo sono già il conseguimento più bello.

D'altro canto, come l'altro anno, io ripropongo la stessa scommessa "tra gentiluomini": se anche quest'anno vinciamo il campionato, l'allenatore pagherà il gelato a tutti (ormai è una "nostra" tradizione eh ragazzi?).


E credetemi: sono soldi che spero di spendere!

martedì 13 novembre 2007

Dal fondo della chiesa: la bellezza di sapere che Dio mi ama a prescindere dalla mia acconciatura

Domenica mattina.
Sono in chiesa, appartato su una sedia in fondo alla sala. L'organo trasuda miriadi di note in una polifonia a volte movimentata altre volte lenta e compunta quasi a voler preparare la riflessione e il silenzio che avvolgono le preghiere ieratiche e solenni, ricche di riferimenti e ben misurate.

Sono nella "modalità" malinconico-riflessiva (per altro una modalità che rimane accesa con continuità): ciò significa che attraverso inni, preghiere, letture e quant'altro, sto aspettando quella parola di grazia che lenisca alcune ferite.
(Dicono che in Gilead abbiano del balsamo)

E ad un tratto, in uno di quei momenti che non so definire in altro modo se non vere e proprie epifanie della grazia di Dio, alzo gli occhi verso le teste che cercano di muoversi al tempo dell'inno.
Sono divertenti: ognuna con il suo tipo di capelli, ognuna con la sua acconciatura, ognuna con la sua forma. Forse la più buffa è la mia con la sua solita "criniera" spettinata e ribelle, martoriata dall'azione prolungata delle dita, che attorcigliano i capelli in nodi e figure acrobatiche.
Sono teste belle quelle che vedo.
Sono le teste di persone che conosco da tanto tempo e che non ero mai riuscito a vedere sotto l'ottica da cui le vedo ora.
Non più teste, ma Teste.
Si, perchè una frase del Maestro mi risuona in testa, come se fossi lì a sentirLo mentre la pronuncia davanti a Pietro e Andrea, Giacomo d'Alfeo, Matteo il pubblicano, Simone il Cananeo e tutti gli altri. Sì ci sono anche io ora ad ascoltare: Jonathan il Galaadita (suona bene...).
"Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati" (Matteo 10:30).
Balsamo.
La mia testa. Le teste degli altri. Sono teste amate.
I capelli possono cadere, possono essere strappati, possono rimanere in ordine, possono essere spettinati, possono essere arruffati e mossi con forza dal vento, ovvero, la mia vita può attraversare periodi "buoni" e periodi "meno buoni", posso essere perseguitato e disprezzato (capelli strappati), posso essere stimato e onorato (capelli ordinati), posso essere in difficoltà ed essere triste (capelli calati davanti sulla fronte o capelli mossi dal vento), posso essere euforico e sulla cresta dell'onda (capelli con gel con taglio cool!), posso essere addirittura calvo, ma ad ogni modo c'è Qualcuno che vigila sulla mia testa e che è a tal punto interessato a me da sapere e registrare il numero dei miei capelli.

Da quella esperienza ne è scaturita subito una piccola composizione. Essa, come tutto ciò che scrivo, non ha la pretesa di essere un' opera letteraria (anzi devo dire che rileggendola a distanza di qualche settimana da quella meravigiosa domenica, potrebbe sembrare addirittura fanciullesca); l'ho scritta per ricordare, per custodire quest'ulteriore lezione di grazia da parte di Dio, l'ho scritta per me, per appropiarmi maggiormente di questa realtà, l 'ho scritta perchè sia come una fotografia che riporti agli occhi, al cuore e all'essere intero qualcosa che faccia sorridere di gioia e stupore (come ad esempio fanno le "vecchie" foto) e che al contempo crei viva quell'atmosfera nostalgica che ci immerge nel ricordo e nella riflessione e che segna un momento di crescita nella nostra vita.
La condivido nella speranza che possa stimolarvi a gioire nei colori e nella varietà delle teste che vi circondano.
La condivido nella speranza, che come accadde con me quella mattina, possiate conoscere qualcosa di più ancora dell'amore di Colui che ha creato le teste.

Da questa sedia
in fonda alla sala
di una piccola e vecchia chiesetta,
vedo tante teste
e ne vedo i diversi capelli.

C'è chi li ha ricci e voluminosi,
neri corvini (dai magnifici riflessi);
c'è chi li ha corti e biondi,
(sembran esser una linea di contorno
alla geometria sferica del cranio);
capelli lunghi e profumati,
capelli tinti e laccati,
capelli pettinati con la riga a lato,
capelli pettinati con la riga in mezzo,
capelli che ormai non ci son più sulla testa,
capelli grigi, neri, rossi,
capelli he seguono le pieghe della pelle,
capelli mossi, arruffati,
capelli come i miei, disordinati.

Lo spettacolo è variegato
e divertente il pensarci.

Ma ciò che mi fa danzare
di gioia e meraviglia
è pensare che tutti questi
sono capelli CONTATI.

Ogni testa che si muove,
ogni capello dal singolo colore,
ogni cuore che pulsa sangue e
risponde alle emozioni,
Tu lo conosci, Signore.

E tutte queste teste,
sono un tassello (unico e pregiato)
del mosaico che ritrae
l'estensione del Tuo amore.